Rilanciare i consumi e coinvolgere i giovani

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Sono passati pochi giorni da quando Patrizia De Luise è stata eletta presidente nazionale Confesercenti. Per la prima volta nella storia una donna è stata scelta al vertice dell’associazione. Da un anno è anche membro dell’Assemblea dei delegati della Fondazione Enasarco e con noi, in un’intervista esclusiva, si è confrontata su alcuni temi caldi che riguardano il mondo del commercio, la situazione economica, la formazione professionale e l’abusivismo. 

Quali sono i segnali per le piccole e medie imprese in questo primo semestre del 2017? 

I segnali di ripresa che si rilevano a livello macroeconomico non si sono ancora trasmessi pienamente alle imprese. Questo è vero soprattutto per il commercio, tradizionale e non. Nel primo trimestre di quest’anno infatti, rispetto al primo trimestre del 2016, volendo fare un confronto omogeneo, i consumi delle famiglie sono cresciuti dell’1,4% a prezzi costanti, mentre le vendite del commercio in sede fissa hanno registrato un calo dell’1,5% in volume, uno scarto di quasi 3 punti.

Questo sta ad indicare che l’aumento di spesa si è indirizzato verso “acquisti” di servizi – magari anche turistici – ma non si è indirizzato sui beni commercializzati, ad eccezione di quelli acquistati online o attraverso altri canali. Maggiore dinamismo è mostrato, invece, dal turismo. Quest’anno potrebbe essere l’anno record per il settore, superando i 400 milioni di presenze. Ma parliamo di un campo in cui si sconta un livello di abusivismo che rischia di limitare le ricadute economiche derivanti da un maggior flusso di turisti.

Ci può indicare le immediate criticità su cui Confesercenti è in prima linea? 

Il tema della ripresa dei consumi continua a rimanere secondario nel dibattito di politica economica, per noi invece questo è il tema centrale. Fino a oggi i cardini attraverso cui agire per risollevare la nostra economia sono stati rappresentati esclusivamente da strategie di rafforzamento del settore manifatturiero e di contestuale espansione dell’esportazione. Ma 47 miliardi di consumi, persi in 10 anni, sono una enormità e gli agenti di commercio ne sanno qualcosa. Di fronte a questa situazione viene da chiedersi se fra le priorità della politica economica non sia necessario concentrarsi anche sul rilancio dei consumi. Io ritengo di sì. 

In questo periodo si parla molto di formazione e aggiornamento professionale per le giovani generazioni. È un’area su cui investire? Qual è la posizione di Confesercenti per arginare la disoccupazione? 

Sarà fondamentale il coinvolgimento dei giovani per far ripartire il nostro Paese. In questo senso, un’importante fascia delle nuove generazioni è interessata a intraprendere un’attività imprenditoriale ma le difficoltà sono molte, come dimostra l’alta percentuale di imprese che cessa entro i primi anni di attività. Per allungare il ciclo di vita delle imprese, soprattutto quelle più giovani, serve perciò investire in maggiore formazione. Non ci si può improvvisare imprenditori: chi non si forma non avrà chance di successo. In tal senso, ad esempio, i provvedimenti in merito presi dalla Fondazione Enasarco proprio in questa consiliatura sono da considerare positivamente e possono rappresentare una prima efficace risposta. Sul fronte dell’occupazione, esistono delle ottime ragioni sociali ed economiche per sostenere il tessuto di piccole e medie imprese impegnate nella distribuzione commerciale tradizionale. Le piccole attività, infatti, sono caratterizzate da un’intensità occupazionale maggiore rispetto alla Grande distribuzione organizzata (Gdo). Secondo uno studio di Cer-Eures per Confesercenti, l’incremento di un miliardo di euro di fatturato nel commercio tradizionale determinerebbe infatti 13mila nuovi posti di lavoro, mentre lo stesso aumento del volume delle vendite nella Gdo porterebbe a 3.500 nuovi occupati, con una differenza di 9.500 unità. Sostenere l’economia delle piccole imprese del commercio tradizionale vuol dire, dunque, aiutare l’occupazione. 

Il “lavoro sommerso” è un fenomeno che sembra non diminuire. Come contrastarlo? 

È una diretta conseguenza della crescita di irregolarità, abusivismo e di forme di concorrenza sleale che a loro volta sfociano nell’illegalità. Un problema che si pone ormai a tutti i livelli: basti pensare alle alterazioni arrecate al mercato dalla proliferazione di contratti pirata. Abbiamo chiesto al Governo di istituire un centro di monitoraggio e verifica per contrastare il fenomeno. E di sostenere invece la contrattazione collettiva, detassando gli aumenti retributivi per chi si impegna a rispettare le scadenze previste da contratti nazionali e accordi economici collettivi. Sarebbe un modo per porre termine a una lunga stagione di svalutazione del lavoro, per  sostenere la capacità di spesa delle famiglie e rivitalizzare la domanda interna, quest’ultima in particolare vitale anche per l’intermediazione commerciale. 

La Brexit e la vittoria di Trump negli USA sembravano annunciare tempi duri per gli scambi commerciali tra quei Paesi e l’Europa.  Il risultato delle recenti elezioni francesi possono essere lette come un segnale positivo per l’economia?

È ancora presto per dirlo, anche se l’auspicio è che sia un segnale positivo. Viviamo in un’epoca di scenari politici in continua evoluzione. L’Europa rischiava di sfaldarsi e in parte lo ha fatto, come dimostra l’avvio dei negoziati per la Brexit a Bruxelles. In questo contesto, i risultati delle elezioni francesi hanno certamente posto un argine alla spirale antieuropeista infondendo maggiore fiducia negli operatori economici. Ma il percorso verso un continente più forte e coeso è ancora lungo: mancano quelle certezze di cui le imprese e la società tutta hanno profondamente bisogno.

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