Potestà di vigilanza

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale

Con nota del 3/1/1996, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani ha chiesto allo scrivente di esprimere il proprio parere circa la sopravvivenza o meno – in capo allo stesso – della podestà di vigilanza nella materia contributiva di competenza, a seguito della intervenuta “privatizzazione” dell’Ente ai sensi D.Leg. 30 giugno 1994 n. 509. In merito si osserva quanto segue. La normativa citata ha espressamente riservato agli Enti che acquisiscono la personalità giuridica di diritto privato, secondo le disposizioni dell’art. 1 co. 1 e 2, la titolarità di “tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti Enti previdenziali” ed ha, altresì, previsto che gli Enti (così) trasformati “continuano a svolgere le attività previdenziali ed assistenziali, in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione” (art. 1, co. 2 e 3). Appare pacifico, alla luce delle predette posizioni, che l’INPGI nella sua nuova “veste giuridica” di Ente munito di personalità giuridica di diritto privato, esplichi una funzione pubblica concernente la gestione della assicurazione sociale ed assistenziale obbligatoria della categoria dei giornalisti. La potestà di vigilanza, finora espletata dall’Istituto in parola nella materia di competenza – prima prevista nelle forme dalla legge Vigorelli (art. 14 della legge 9.11.1955 n. 1122) e poi, più chiaramente, attribuita agli Enti previdenziali con l’art. 3 co. 1 della legge 638/83 – ha, ad avviso dello scrivente, natura strumentale rispetto alla primaria funzione pubblica innanzi richiamata. Non può non convenirsi, infatti, che l’attività di vigilanza degli Enti previdenziali è, in via generale, diretta, per sua specificità, al controllo sull’osservanza delle norme sulla previdenza ed assistenza obbligatoria. Apparirebbe pertanto incongruo sul piano logico giuridico, oltrechè inopportuno – solo perché nulla è detto specificatamente nella legge – sostenere che l’Ente in parola, privatizzato, possa esercitare l’attività di assicurazione della previdenza ed assistenza dei giornalisti e non anche quella di vigilanza (già appartenente all’Istituto pubblico) che costituisce un indefettibile strumento per garantire la certezza e la continuità della funzione preminente. D’altro canto, a ben leggere, non si vede alcuna ragione perché dalle “attività previdenziali ed assistenziali in atto riconosciute (…..) per le quali gli Enti sono stati originariamente istituiti” (art. 1 co. 3 D. Lgs. 509/94) – affidate ai nuovi soggetti giuridici privati – debba essere esclusa l’azione di controllo che, come quella di gestione, è di natura previdenziale ed assistenziale. Non sembra di ostacolo, per altro verso, il fatto che l’azione ispettiva svolgendosi su un piano “autoritativo” (esercizio dello ius imperii, verifiche, accertamenti, verbalizzazioni, constatazioni ed obblighi di denuncie, rapporti interni ed esterni) – possa essere esercitata da dipendenti di una persona giuridica privata che non hanno la qualifica di pubblici ufficiali; al riguardo, si osserva che secondo “il più recente orientamento della dottrina e giurisprudenza, ora confortato dall’indirizzo seguito dal legislatore penale in sede di modifica, con la legge 26 aprile 1990 n. 86 dell’art. 357 c.p., è stata data prevalenza, ai fini dell’individuazione del pubblico ufficiale, al criterio oggettivo, privilegiandosi, rispetto ad un rapporto di impiego con lo Stato od altro Ente pubblico, la natura delle funzioni esercitate” (parere del Consiglio di Stato – Sez. II del 18 ottobre 1995 sulla vigilanza congiunta negli impianti ferroviari ex art. 35 L. 191/74). In altri termini, sono i caratteri pubblicistici propri dell’attività concretamente esercitata dal soggetto agente a conferire allo stesso la qualifica di pubblico ufficiale, la quale pertanto, “non necessariamente attiene ad un rapporto di pubblico impiego” (Parere del C.d.S. sopra citato). Pertanto, sembra allo scrivente che nulla osti a che l’INPGI possa, anche dopo la sua trasformazione in soggetto giuridico privato, esercitare a mezzo dei propri funzionari la vigilanza nella materia previdenziale di competenza, negli stessi termini in cui – prima di tale trasformazione – questa veniva espletata. In merito poi ai poteri ispettivi (accesso, esame della documentazione lavoristica e contabile, assunzione di informazioni), indispensabili per esercitare l’attività di vigilanza, l’art. 3 co. 1° della legge 638/83 estende – come è noto – i poteri propri degli ispettori del lavoro ai funzionari degli Istituti od Enti “ per i quali sussiste la contribuzione obbligatoria”. Anche in questo contesto normativo sembra chiaro che il legislatore, nel conferire i poteri ispettivi ad altri soggetti giuridici, si sia più preoccupato della natura pubblica delle funzioni degli Enti (rispetto alle quali si giustifica l’obbligatorietà di versare i contributi previdenziali) piuttosto che della natura della soggettività giuridica degli enti stessi a cui si demandano gli anzidetti poteri. Ciò posto, è da ritenere che nulla è innovato per quanto attiene ai provvedimenti sanzionatori con i quali può concludersi l’azione di vigilanza. Pertanto, secondo l’iter procedimentale previsto dalla legge 689/91, fermo restando l’obbligo del rapporto ex art. 17, l’Ente gestore della specifica attività previdenziale ed assistenziale è da ritenere legittimamente competente ad emettere i provvedimenti ordinatori previsti dal combinato disposto dagli artt. 18 e 35 della citata legge di depenalizzazione. Come d’intesa, per le vie brevi, si trasmette il suesposto parere per le determinazioni di competenza di codesta Direzione. Atteso che sulla materia si rende necessario fornire precise istruzioni operative agli Ispettori del lavoro, si prega cortesemente codesta Direzione di notiziari la scrivente sugli sviluppi successivi concernenti la problematica de qua.
Roma, 15 febbraio 1996 IL CAPO DEL SERVIZIO CENTRALE PER GLI ISPETTORATI DEL LAVORO (D.ssa Filomena Manocchio)

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