Gino Pastacaldi è un nostro pensionato, con una carriera da agente lunga quasi mezzo secolo. Ecco la sua storia.
Signor Gino, tra pochi giorni sarà il suo compleanno; quanti anni compie e come festeggerà?
Compio 78 anni. Faremo una piccola festa, a casa, con i miei cari: mia moglie, mio figlio e la sua compagna.
Ci ha scritto che sarebbe tornato a vivere a Palazzuolo sul Senio. Cosa la lega a questa bellissima cittadina di soli 1.168 abitanti?
Ho una casetta lassù, si torna io e mia moglie e penso che si rimanga. Qui (a Cancelli di Reggello, in provincia di Firenze, ndr) ho dato tanto, ci rimane mio figlio. È dal 1959 che ci vado, c’è una vita tranquilla, che a me piace. Il quotidiano La Nazione nel ‘93 scrisse che è un “paese da vivere”.
Un posto giusto per godersi il meritato riposo dopo una carriera davvero lunga. Ha iniziato la professione di agente di commercio a 23 anni, come trovò il suo primo contratto d’agenzia con la CIRT?
Dopo aver fatto il vigile del fuoco a Roma, alle caserma delle Capannelle, nel 1966 tornai in Toscana per dare una mano durante l’alluvione. Iniziai a lavorare come agente grazie a mio zio che era amico del proprietario della Cirt, un’azienda che vendeva i componenti delle radio, tra le quali le gloriose Europhon. A loro spese feci il tirocinio in azienda e poi andai fuori, a vendere. Mi ricordo che ero lì per imparare qualsiasi cosa, ero attento a ogni dettaglio. All’epoca mi prestavano la macchina, perché non ce l’avevo, ma lavoravo già come agente di commercio. Credo anzi di essere stato uno dei primi titolari di licenze di agente: la mia è la numero 1146, a Firenze. Mia moglie, quando raccogliemmo le informazioni per chiedere la pensione mi disse: «Non è possibile, è un numero vecchissimo». Ricordo di aver cominciato prima all’Enasarco, nel 1962, e dopo alla camera di commercio, nel 1964, e quando sento la gente che valuta negativamente le pensioni integrative, mi viene da ridere.
Aveva già la passione per la tecnologia e modernità quando vendeva resistenze e condensatori, prima di passare ai transistor e ai TV?
Ma sa, la tecnologia mica è quella che si vende! Mi spiego meglio. In un certo senso, certi prodotti sono già obsoleti al momento della vendita. Questo è un principio che valeva allora come oggi: lei compra un nuovo smartphone e nel frattempo in laboratorio stanno ultimando il modello successivo. Però agli inizi era un periodo d’oro perché l’Italia era nel pieno del boom economico e noi avevamo la possibilità di gestire le situazioni più belle e redditizie.
Ci ha raccontato che ha cambiato ben 32 macchine e percorso circa tre milioni di km. Potrebbe impressionarci ancora di più, con altri dati o aneddoti accumulati nella sua carriera!
A volte cambiavo le macchine anche ogni sei mesi, perché ne avevo la possibilità e mi piacevano molto, però quando andavamo in montagna, ci organizzavamo tra amici agenti per salire su con un’auto sola. Per lavoro coprivo tutta la Toscana, fino a Massa Carrara, Arezzo, Grosseto, in più però partecipavo anche alle varie mostre dell’Hi-Fi: andavo qualche giorno a Milano e poi anche a Firenze. Era un incontro importante per stare tra colleghi, la sera eravamo sempre assieme, fino a quando non ho avuto mio figlio che, da piccolo, non ci faceva dormire. Ecco, per me le fiere erano l’occasione per dormire una notte intera nel letto dell’albergo. Gli amici uscivano, mentre io recuperavo il sonno che non riuscivo a fare a casa!
Ci sembra di capire che con molti suoi colleghi ha instaurato anche un rapporto di amicizia. È così?
Esatto. Molti li ho incontrati direttamente dal cliente, altri li ho conosciuti perché abbiamo fatto parte delle stesse società di agenzia. Alla fine abbiamo fatto amicizia un po’ con tutti.
Vi è capitato quindi di scambiarvi anche consigli e suggerimenti?
Certamente, cercavamo di comprendere comportamenti e psicologia dei nostri clienti, parlando delle loro passioni, dalla pesca, alla caccia, al calcio o al ciclismo. Ci scambiavamo opinioni sul personaggio che avremmo visitato, ad esempio se era puntuale nei pagamenti o meno; mi è capitato anche di “sconsigliare” qualche cliente ma nonostante ciò alcuni colleghi ci lavoravano lo stesso. Nella peggiore delle ipotesi mi rispondevano di essere coperti dall’assicurazione ma per me quello era un atteggiamento da matti!
Le manca qualcosa del mestiere di agente di commercio?
Ho perso il contatto quotidiano con le persone e mi dispiace perché era l’unica cosa a cui tenevo davvero molto.
Oggi le persone si incontrano anche sul web: preferisce le informazioni online, alla radio o sulla carta stampata?
Mi sono affacciato e viaggio su internet, ho lo smartphone, cerco di stare nell’attuale. Mi ricordo le schede di carta quando andavamo dai clienti, oggi è tutto una cosa diversa e non so immaginarmi come fanno a fare il mestiere.
(S.S.)