Cinquantuno anni da agente

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All’età di 74 anni, Gabriele Rausei continua a fare l’agente con un entusiasmo contagioso. Nato nella provincia di Ascoli Piceno, si trasferisce sulla soglia dei vent’anni a Milano. Il capoluogo lombardo, dove all’epoca vivevano dei suoi parenti, gli offre più opportunità di lavoro, ed ecco che nel ’66 inizia a svolgere quella che è stata – ed è tuttora – la professione della sua vita: “Conservo ancora un ricordo nitido di quando andai al colloquio di lavoro con la mia prima azienda; cosa andrò a vendere? Mi chiedevo tra me e me, mentre ero in metro…”. E così, da quel giorno dell’ottobre di oltre mezzo secolo fa, inizia a occuparsi della vendita di casalinghi e prodotti per la pulizia domestica. Agli inizi è un agente monomandatario con uno stipendio fisso, le provvigioni e una macchina aziendale; poi complice un ridimensionamento della ditta, prende altri mandati sempre nello stesso settore merceologico.

Quali tappe significative le tornano in mente?

Verso la fine degli anni ’70 presi il mandato per un’importante azienda di Bolzano. Quello fu il salto di qualità al punto che iniziai ad avvalermi della collaborazione di un sub-agente dal momento che dovevo coprire prima Milano e provincia, poi nel 1982 tutta la Lombardia. Nel 1990 assunsi un altro collaboratore e infine nel 2003 ho creato con loro una società di agenzia di cui sono entrambi soci. Ho avuto la fortuna di potermi avvalere di ottimi collaboratori. I miei successi professionali li devo molto anche a loro. Credo tanto nel lavoro di squadra.

Con la sua esperienza potrebbe davvero scrivere la storia della professione: ci racconta qualcosa degli inizi?

Quando cominciai avevo una Fiat 600; la macchina per noi agenti è uno strumento di lavoro importantissimo, perché la utilizzavamo anche per stipare il campionario della merce che ci portavamo immancabilmente al seguito. Ricordo ad esempio che, agli inizi, uno degli eventi principali era il Macef (ora Homi) a Milano, una fiera specializzata del settore seconda solo a quella di Francoforte. In un’occasione l’azienda ebbe l’intuizione di confezionare gli articoli in dei blister: tale fu il successo di quest’innovazione che spesso nel fine settimana mi sentivo quasi in dovere di andare in ditta a collaborare.

Tra i tanti, in particolare ci racconta un aneddoto che le è capitato in questi anni?

Era il 1987, tornavo in macchina da Bolzano e in autostrada trovo un brutto incidente tra Palazzolo e Rovato. Oltre alla nebbia, si era formato un traffico tale che avrei perso degli importanti appuntamenti che avevo in agenda. A quel punto mi cade l’occhio su una macchina che mi si era affiancata, era Volvo station wagon e il suo conducente parlava al telefono, un cellulare dell’epoca con una grossa antenna. Gli chiedo la cortesia di farmi fare un paio di chiamate e, per ringraziarlo, gli regalo alcuni prodotti tipici della gastronomia trentina che avevo acquistato… Di lì a breve, ho fatto installare in macchina un telefono veicolare. Mi sentivo davvero un signore!

Abbiamo raccontato spesso il nesso tra tecnologia e agente di commercio. Cosa ci può dire a riguardo?

Come detto, l’avvento dei cellulari fu per noi una novità rivoluzionaria; ad alcuni poteva sembrare che fosse quasi uno status-symbol ma per noi agenti era una necessità e una forma di tranquillità. Migliorava il nostro lavoro e ci faceva ottimizzare i tempi. Pensi che prima della loro introduzione, negli anni ’90, dovevamo fermarci in autogrill e fare lunghe file per chiamare dal telefono a gettoni… Era uno stress non indifferente! Ecco, si può dire che noi agenti siamo dei pionieri nell’utilizzo di alcune tecnologie, penso soprattutto agli smartphone e ai tablet. Per quanto io non sia particolarmente tecnologico, mi sono adeguato per restare al passo coi tempi.

Com’è cambiato il mestiere in base alla sua esperienza?

Prima si curavano molto di più i rapporti interpersonali con i clienti. Ora i tempi sono molto più stretti e il rapporto con il nostro interlocutore è molto più veloce e dinamico. Ma dal mio punto di vista resta sempre importantissimo. Un’altra differenza è che oggi spesso non si ‘perde’ tempo ad ascoltare quello che hanno da raccontare i più anziani. Invece la loro esperienza, di vita e lavorativa, può essere utile alle nuove generazioni purché anche gli anziani – dall’altro lato – si mettano un po’ al passo coi tempi.

Spesso abbiamo raccontato che l’agente non è solo il venditore finale di un prodotto ma un consulente a tutto tondo. È d’accordo?

Assolutamente sì, bisogna conoscere il prodotto a 360° e saper essere consulenti sia delle aziende sia dei clienti: l’agente deve essere proattivi e tenersi in costante aggiornamento.

Per restare in tema, la Fondazione eroga da quest’anno un contributo i corsi di aggiornamento professionale: cosa consiglierebbe a un giovane che vuole intraprendere questo mestiere?

Ai più giovani dico questo: ho svolto una professione che è la più bella del mondo! Agli inizi magari consiglierei di essere monomandatari o di appoggiarsi a una società di agenzia già avviata perché c’è stata una forte crisi e il mercato è molto selettivo; le aziende inoltre oggi pretendono molto dai propri agenti. È importante crearsi sul campo il proprio curriculum; in passato c’era più tempo e pazienza di aspettare che si maturasse l’esperienza giusta. La formazione quindi è fondamentale, bisogna essere preparati e tenersi aggiornati su mercati, prodotti, etc.

Anche sua figlia Elena ha un ruolo nella sua società; come ha coniugato famiglia e lavoro in questi anni?

Spesso mi trovavo lontano da casa per lavoro, poi con la nascita delle mie figlie ho scelto di avere come zona la sola Lombardia. Devo dire che per coniugare la gestione della famiglia e del lavoro bisogna essere fortunati, come nel mio caso: Sandra è una moglie fantastica e senza il suo supporto non avrei mai raggiunto certi risultati lavorativi. Elena, dopo gli studi, aveva voglia di fare esperienza lavorativa; collabora con noi dal 2003 ed è stata un’ottima soluzione nonché una preziosa risorsa.

 

(Gabriele Manu)

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