Robusto sostegno all’economia reale, welfare integrato e rinnovato, trasparenza, efficienza gestionale: sono questi i quattro punti cardinali che guidano la navigazione della Fondazione Enasarco, dopo la riforma, e ne riassumono la missione. Ne parliamo con Gianroberto Costa, il presidente da oltre un anno al vertice della Fondazione.
Presidente, si sente un pioniere in un mondo economico e sociale in cui non sono molti coloro disposti a rischiare?
Più che di rischi parlerei di sfide. Noi vogliamo che i contributi versati dai nostri iscritti possano servire ‘’anche’’ per far ripartire l’Azienda Italia. E per questo la via maestra è quella di fare in modo che Casse e Fondi investano nell’economia reale del Paese.
E in questo scenario Enasarco cosa fa?
Con spirito pionieristico noi abbiamo investito nell’economia reale e speriamo che il nostro esempio venga seguito da altri fondi previdenziali per sostenere l’iniziativa privata e creare posti di lavoro. Vogliamo cogliere, e per primi, una mela matura: scommettere sulle imprese piccole e medie che hanno qualche chance di diventare protagoniste del mercato, e che garantiscano congrui ritorni sull’investimento, per assicurare ai nostri iscritti una copertura pensionistica per 50 anni.
Investimenti mirati e lontani da logiche assistenziali?
Esattamente. I nostri sono investimenti estranei a logiche stataliste. Per fare un esempio: nel 2016 Enasarco ha contribuito con 200 milioni a sostenere 15 aziende che operano in molteplici settori. Non sto a fare i nomi, operano nel campo dell’industria, del food, della moda, dei servizi, sostegno ambientale e sviluppo infrastrutturale
Quali i risultati delle imprese incentivate?
Le aziende che hanno beneficiato degli investimenti di Enasarco hanno prodotto un fatturato di 2.941 miliardi di euro e impiegano 8.590 persone.
Sul versante del welfare, però, c’è chi ha criticato l’impegno della Fondazione nell’assistenza, come se fosse una sottrazione di risorse destinate alla previdenza.
Queste critiche mi sono apparse inopportune e infondate: il nostro obiettivo è opposto, ampliare l’area dei servizi e delle prestazioni per i nostri iscritti, non certo spostare fondi e interventi da un capitolo all’altro. Siamo seri, non giochiamo con le voci di bilancio.
Una volta ha detto che Enasarco non è un bancomat.
Lo confermo. Era una metafora per significare che la Fondazione non può essere concepita come serbatoio di risorse per gli avventurieri della finanza.
Lei, al contrario, rivendica l’etica del civil servant.
Mi ci riconosco. Significa essere al servizio degli interessi legittimi dei nostri contribuenti. Civil servant è colui che si assume responsabilità, non pratica la politica del rinvio: si muove con velocità nelle decisioni, coraggio di innovare, va oltre la siepe del puro presente e sfida il futuro.
Articolo pubblicato su Quotidiano Nazionale del 15/01/2018