Rassegna stampa – Lavoro: accordo in vista

Il testo in 16 punti che vuole cambiare il contratto del lavoro di Enrico Marro (Corriere della Sera, 25/2/2018)

 

Da domani ogni giorno è buono. Nella settimana che precede le elezioni, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil potrebbero chiudere l’accordo sulle nuove regole per la contrattazione e per le relazioni sindacali. Il presidente degli industriali, Vincenzo Boccia, e i leader delle tre confederazioni, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, dovrebbero incontrarsi per dare il via libera a un testo di 16 pagine che è stato messo a punto in una lunga trattativa riservata fra i tecnici delle due parti.
 
Il nuovo modello contrattuale rappresenta una manutenzione di quello attuale, con la conferma dei due livelli, il contratto nazionale di categoria e quello decentrato (aziendale o territoriale), ma all’insegna della flessibilità. Si lasciano infatti libere le categorie di trovare gli aggiustamenti tra le voci retributive nei due livelli che meglio si attagliano alle caratteristiche del settore, basta che si muovano all’interno di due parametri nuovi, entrambi individuati nel contratto nazionale: il Tem, «Trattamento economico minimo» e il Tec, «Trattamento economico complessivo», comprese le «eventuali forme di welfare». I minimi, come definiti dalle categorie, si adegueranno all’indice di inflazione Ipca al netto dei prezzi importati dei carburanti, ma ciascun contratto sceglierà il meccanismo, cioè aumenti in base alle previsioni (come fanno per esempio i chimici, salvo conguaglio) o a consuntivo (i metalmeccanici). Questo sistema viene però inserito in una cornice potenzialmente molto innovativa. Si punta infatti a realizzare l’efficacia erga omnes dei contratti con una legge di sostegno sulla rappresentatività delle organizzazioni sindacali e – novità importante – di quelle imprenditoriali. Accordi in questo senso Cgil, Cisl e Uil li hanno già sottoscritti con altre organizzazioni come la Confcommercio e quindi il terreno sarebbe pronto per compiere questo salto non di poco conto, tenendo conto che storicamente sia la Cisl sia la Confindustria sono state contrarie a una legge sulla rappresentanza.
 
 
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